Lo status di monastero prima regio e poi imperiale riferibile a San Pietro in ciel d’oro deriva innanzitutto dalla fondazione da parte del re Liutprando probabilmente nel terzo decennio del secolo VIII e si lega all’arrivo dei preziosi resti di sant’Agostino, che il re longobardo fece traslare a Pavia. Da tale evento derivò una serie di benefici concessi dalla camera regia al monastero, di cui vi è memoria anche nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono.
Una serie cospicua di privilegi e di conferme e donazioni di beni ebbe luogo nei secoli successivi, e in particolare in epoca ottoniana, come dimostrato dalla documentazione più antica.
Questo ruolo privilegiato della basilica e del monastero venne ulteriormente sottolineato dalla frequentazione della corte imperiale in particolare in età post-ottoniana, e soprattutto dopo la distruzione del Palatium nel centro città seguita alla morte dell’imperatore Enrico II.
In quest’epoca infatti, mantenendosi per Pavia il ruolo di capitale del Regnum Italicum, il monastero venne utilizzato dalla corte come sede alternativa al distrutto palazzo imperiale, che non venne mai ricostruito.