San Pietro in Ciel D’Oro

Monasteri Imperiali Pavia

ALTO MEDIOEVO

È probabile che la chiesa sia stata fondata nella zona extraurbana del cimitero romano, a poca distanza di tempo dal martirio di Severino Boezio nel 525, le cui spoglie vi dovettero essere traslate assai presto. Di certo sappiamo che a Pavia una basilica di San Pietro apostolo, citata da Paolo Diacono, esisteva nel 604, ma non ne conosciamo le forme né l’ubicazione precisa.
Tra il 723 e il 725 il re longobardo Liutprando rinnovò la basilica, detta allora“in cielo aureo” forse per un soffitto ligneo dorato o per un mosaico absidale a fondo oro, e vi collocò con tutti gli onori, in una cassetta d’argento, il corpo di Sant’Agostino che aveva fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia capitale del regno. Lo affidò alle cure di una comunità monastica benedettina, istituita in San Pietro in ciel d’oro, dove lo stesso re ebbe poi la propria sepoltura (oggi ricordata da un’epigrafe nel pilastro sud occidentale che regge la cupola).
A sua volta Carlo Magno diede impulso a una scuola di studi superiori ospitata nel monastero, nella quale nell’825 quasi certamente insegnò il monaco irlandese Dungallo. Si trattava di una scuola di grammatica e di retorica ad altissimo livello: vi si conservavano e copiavano codici antichi, primo nucleo della biblioteca che fiorì per secoli presso il monastero (in età moderna saccheggiata fino alla completa dispersione).
Papi e imperatori concessero donazioni e privilegi che tra l’VIII e il XIV secolo ne fecero uno dei più potenti e significativi centri culturali e religiosi del Medioevo europeo.
Vi furono ospitati importanti personaggi come San Maiolo e l’imperatore Enrico II. Accanto ai santi anche i principi vi trovarono sepoltura, da Liutprando a Galeazzo II Visconti e al figlio Gian Galeazzo.

BASSO MEDIOEVO

La chiesa altomedievale fu totalmente ricostruita tra l’XI e il XII secolo con una lunga fase costruttiva da ancorare al 1132, data della consacrazione celebrativa in occasione del passaggio di Papa Innocenzo II.
Intanto la città si era allargata e la nuova cinta muraria della fine del XII secolo aveva abbracciato anche il sedime di San Pietro in ciel d’oro che rimaneva tuttavia in un’area, la cittadella, separata dal nucleo urbano più antico.
Nel 1221 i canonici regolari subentrarono ai benedettini e nel secolo successivo, nel 1327, anche gli agostiniani eremitani costruirono il loro convento a sud della basilica. Da allora le due comunità religiose si affiancarono nell’officiatura della chiesa.

ETÀ MODERNA

Con le soppressioni dei due conventi nel 1785 incominciò il declino e molti capolavori andarono dispersi o distrutti.
Napoleone nel 1803 destinò a palestra e scuola di artiglieria le strutture conventuali a nord e mise in vendita la chiesa stessa, che divenne magazzino di combustibili e foraggi per le truppe.
Un primo salvataggio fu eseguito dal vescovo Luigi Tosi che riuscì a ottenere per qualche tempo l’ex convento lateranense per il Seminario vescovile dal 1829 al 1859 e salvò la chiesa dalla demolizione.
Nel 1859 però il ministero della Guerra si riappropriò del convento per farne un ospedale militare.
La trascuratezza provocò il crollo della navata destra e nel 1877 crollarono le volte addossate alla facciata. Furono distrutti quasi totalmente anche i chiostri meridionali.
Finalmente nel 1884 si avviò restauro della chiesa, inizialmente mirante alla ricostruzione delle parti crollate, soprattutto col fattivo apporto della Società per la conservazione dei monumenti dell’arte cristiana in Pavia; nel 1894, grazie allo stanziamento che Luca Beltrami ottenne dal Ministero, l’architetto Angelo Savoldi provvide alla ricostruzione della cripta.
La riapertura al culto avvenne nel 1896 e dal 1900 una comunità di agostiniani è tornata a officiare la basilica e abita strutture conventuali nuovamente costruite sulla sua destra, mentre l’edificio tardobarocco del monastero dei canonici lateranensi sulla sinistra è affidato ai Carabinieri.

 

* Testo di Maria Teresa Mazzilli Savini tratto dalla collana Le chiese di Pavia
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